Daniele Donati
Il Vecchio Sciatore Riccionese
Il Vecchio Sciatore Riccionese quando nasce, nasce vecchio, nasce sciatore e nasce riccionese.
Questa è l’unica caratteristica che lo accomuna agli altri
riccionesi normali che di solito non amano lo sci perché, presi
da giovani, preferiscono l’Acquafan o, al massimo, rugolarsi con
lo slittino giù per la Cantoniera. Anche il Vecchio Lupo Di Mare
Riccionese nasce vecchio e nasce riccionese ma, lui nasce lupo e nasce
anche di mare. Il lupo in sé non avrebbe niente di male per il
Vecchio Sciatore Riccionese, ma il mare gli dà una certa
agitazione, se non altro per la spiaggia che gli ricorda tanto la neve
fresca e la sua difficoltà a curvarci sopra, meglio la battigia
in prossimità della riva, è molto più battuta.
Il Vecchio Sciatore Riccionese nasce sciatore e non si sa come morirà perché sono ancora tutti vivi.
Il Vecchio Sciatore Riccionese amerebbe farsi chiamare solo Vecchio,
oppure, quando si parla di lui, più modestamente, il
“nostro”. O anche solo con la sigla VSR, ma noi preferiamo
nominarlo per intero, anche per rendere più corpose queste poche
righe, intanto scrivendo con il computer non costa molta fatica. Basta
spostarsi col mouse all’inizio di questo paragrafo, catturare le
tre paroline con Ctrl-C, portarsi con il cursore a fine testo con
Ctrl-End, premere Ctrl-V... et voilà... Vecchio Sciatore
Riccionese.
Il Ctrl-V, pardon, il Vecchio Sciatore Riccionese, non fa settimane
bianche. Perché le settimane bianche si fanno con la famiglia. E
la famiglia del Vecchio Sciatore Riccionese non ama sciare. La moglie
non esercita alcun tipo di sport. Quando lui la portava a Madonna di
Campiglio lei passava una settimana a prosciugare la lingua e il
portafogli ma neanche un salto sulla neve. Eppoi i bambini (che lui si
ostina a chiamare così nonostante l’età
universitaria), durante le discese, lo snobbano fingendo di non
conoscerlo. Gli danno appuntamento alla macchina quando chiudono gli
impianti. Parlano fra loro in funivia con ostentato accento milanese
descrivendo il mestiere del padre, arguto e intraprendente agente di
borsa in piazza Affari. Il Vecchio Sciatore Riccionese, in
realtà, è un commerciante di bigiotteria in viale Gramsci
con apertura a Pasqua e chiusura ai primi di Settembre, quando a
Riccione iniziano i convegni e dei souvenir, delle sirenette e delle
statuette che cambiano colore secondo il tempo, non gliene frega
più niente a nessuno.
La prima Domenica dopo la chiusura, il Vecchio Sciatore Riccionese si
mette in movimento per organizzare la sua stagione di gloria.
Abbandonata la vacanza familiare foriera, come detto, di sole
frustrazioni, il Vecchio Sciatore Riccionese si tuffa appassionatamente
nella prenotazione di tutti i week end fruibili del circondario.
Già da tempo ha adottato la teoria filosofica che il professor
Puccio Bernardi ha divulgato mutuandola dalla saggezza cinese: in
vacanza è molto meglio andare soli che con la moglie, si spende
la metà e ci si diverte il doppio.
Il Vecchio Sciatore Riccionese è iscritto a tutti gli Sci Club
della zona, in primis allo Sci Club Coriano. Non perché sia
migliore degli altri, ma perché il giovane Vecchio Sciatore
Riccionese quando guarda in alto vede la collina di Coriano ed é
convinto che quella sia la sua montagna, come il McKinley per Spencer
Tracy. Da lì vengono i venti freddi dell’inverno che
portano i bianchi, soffici, fiocchi amici.
Il Vecchio Sciatore Riccionese non ama il bipolarismo in politica, lo
costringe a scegliere fra la destra e la sinistra e puntualmente
ciò si riflette sulla sua tecnica ad affrontare le discese.
Quando vota a destra non riesce più a curvare a sinistra, vota a
sinistra ed emerge qualche problemino dalla parte opposta. Ora aspetta
che torni la proporzionale e la cara vecchia D.C.
Quando il Vecchio Sciatore Riccionese, al momento di acquistare lo
skipass, appone il suo autografo nel cedolino della carta di credito,
esclama: “A i ho firmé la mi cundana” che tradotto
significa “Ho sancito il mio impegno a consumare ogni ora, minuto
e secondo che mi separano dalla scadenza del prezioso biglietto ad
utilizzare al massimo gli impianti a fune di ogni ordine e grado e sono
deciso ad onorarlo fino in fondo”. Se il Vecchio Sciatore
Riccionese vede un suo simile dotato di prezioso cartoncino settimanale
, steso su una sedia a sdraio, prende il sole sorseggiando una bibita
fresca, gira gli occhi dall’altra parte per la pena che gli fa.
Il Vecchio Sciatore Riccionese, non fa soste per il pranzo. Un
caffè e via, giusto il tempo di far raffreddare gli scarponi. Le
poche volte che decide di fermarsi alla baita, per evitare che gli
freghino gli sci, li mischia con quelli degli amici, confidando che
nessun ladro ruberà mai sci scompagnati. Se chiamiamo A gli sci
del Vecchio Sciatore Riccionese, e B e C quelli dei suoi compagni di
merende, poi definiamo con L (left) lo sci sinistro e con R (right) lo
sci destro, possiamo costruire la seguente quattro ipotesi:
AL-BR, BL-CR, CL-AR
AL-BL, BR-CL, CR-AR
AR-BL, BR-CR, CL-AL
AR-BR, BL-CL, AL-CR.
Per confondere il più possibile i ladri, il Vecchio Sciatore
Riccionese cerca di realizzare tutte le combinazioni ad ogni nuova
sosta senza mai ripetere la stessa. Per riuscirci si allena col Quesito
con la Susi.
La Giovane Sciatrice Riccionese ha gli occhi di daina e il Vecchio
Sciatore Riccionese ne è perennemente e perdutamente innamorato.
L’attributo “riccionese” gli interessa poco, ma il
venire meno degli altri due gli farebbe precipitare l’interesse
verso il soggetto.
In compagnia della Giovane Sciatrice, il Vecchio Sciatore Riccionese si
ferma volentieri per il pranzo, soprattutto se riesce a rimorchiarla in
quei bellissimi self service pieni di sudore e di gente dove si fa la
fila per il minestrone stretti stretti nell’estasi del calor.
Lì tutte le lampo si aprono fino all’ultima, la più
agognata, che resta ogni volta, però, maledettamente chiusa. La
barista degli chalet di montagna, sia essa di sette o
settant’anni, porta sempre la minigonna, perché la gamba
della barista vuole essere vista. Il barista è giovane e biondo
e non capisce una parola d’italiano. Capisce solo würstel,
strudel, brulé e burdél, ma crede che sia roba da
mangiare anche l’ultimo.
Poi ci sono i bar all’aperto, quelli con le bottiglie di grappa
allineate nella neve e il focone con la salsiccia abbrustolita. Per il
Vecchio Sciatore Riccionese sono rifugi per perditempo ed ubriaconi ma
utili quando gli occhi di daina cercano un compagno per il Vov. Il
Vecchio Sciatore Riccionese si porta appresso un incubo che lo insegue
fin da bambino. Per curare l’inappetenza la mamma gli
somministrava il Clupazide, uno sciroppo marrone scuro dal sapore
impronunciabile; per dirla con Blob, la cosa più orribile che
gli fosse mai capitata in vita sua. Bene, in uno degli ultimi week end
si è convinto che in un bar di ghiaccio, in bella vista della
Tofana di Rozes, alla sua richiesta di un presunto Amaro dello
Stambecco, una mano caina gli abbia versato il fratello alcolico del
Clupazide. Gli è venuta in mente la mamma e ha pianto. Per lo
schifo.
Il Vecchio Sciatore Riccionese non cade mai. Fa soste a sorpresa.
Il Vecchio Sciatore Riccionese non sbaglia mai, se lo fa è per indicare ai compagni gli errori da evitare.
Il Vecchio Sciatore Riccionese ha assunto la sua qualifica solo per un
motivo: la sana educazione ricevuta dallo zio. Uno zio mitologico con
l’astuzia di Ercole e la forza di Ulisse. Ma con la simpatia di
Petrolini. Fra i quattro e i sette anni è stato portato sulla
prima sciovia, ricordate quelle con la fune che strisciava terra e si
agganciava con una lunga mano metallica? No? Fa niente, anche il
Vecchio Sciatore Riccionese non la ricorda benissimo eppure gli
è rimasta nel cuore la voce dello zio che lo incoraggiava con
affabilità e discrezione: fai poche pugnette e muovi quel culo!
Ogni zio di Vecchio Sciatore Italiano si chiama Lino, che può
essere il diminutivo di Carlo a Milano, di Nicola a Bari, di Pietro
Paolo a Roma, di Michele a Riccione. Lo zio Lino aiuta il Vecchio
Sciatore Riccionese a prendere coscienza della sua vocazione di Vecchio
e di Sciatore (riccionese, l’aveva già capito). Lo zio
Lino insegna al giovane Vecchio Sciatore Riccionese l’arte di
superare nella fila, di bere più grappa nella grolla valdostana
fingendo un immaginario impedimento e, ultimo ma non ultimo, il segreto
di salire per ultimo sullo skybus per ritirare gli sci per primo
all’arrivo.
Il Vecchio Sciatore Riccionese possiede ed ha affinato nel tempo le
tecniche migliori di accesso a tutti gli impianti a fune. Per evitare
perdite di tempo durante la corsa non sfila mai i bastoncini in modo
che all’arrivo sia pronto a tornare in pista senza sciupare
secondi preziosi.
Dove è maestro indiscusso è la salita sulla seggiovia.
Oramai non esistono più i seggiolini singoli, come minimo sono
costruiti per due persone. La presenza di un estraneo che per ogni
altro sarebbe vista con disagio, per lui è motivo di difesa dei
propri polpacci. La sua tecnica è posizionarsi per la partenza
cinque centimetri esatti davanti al malcapitato, il quale puntualmente
subisce nei garretti l’urto della seggiovia, risparmiando il
nostro. Se il compagno è, a sua volta, un qualsiasi Vecchio
Sciatore, nel tempo intercorso fra la partenza del seggiolino avanti ed
il proprio, si combatte una guerra psicologica senza esclusione di
colpi. La tattica che gli ha dato più soddisfazioni è la
seguente: soliti 5 centimetri avanti, veloce compensazione
dell’avversario, finta distrazione del nostro con aggiunta di
breve ritorno indietro che convince l’altro di aver vinto la
partita, all’arrivo della seggiovia, spinta improvvisa in avanti
con conseguente smorfia di dolore e di patacaggine
dell’avversario.
Lo skylift non richiede particolari accorgimenti ma il Vecchio Sciatore
Riccionese ha notato l’esistenza di un legame organico fra lo
sguardo dell’addetto alla presa del gancio e la tenuta della
molla dello stesso. Se la molla ha mantenuto nel tempo la sua forza,
lui ti guarda serenamente negli occhi, anzi si offre anche di aiutarti
ad infilare il piattello fra le cosce senza temere ripercussioni. Se la
molla non regge più, il meschino prevedendo già la tua
difficoltà allo strappo, per non farsi notare, si guarda attorno
fischiettando. Lo sciatore, dopo aver rischiato di cadere, si volta
indietro con occhi di fuoco, ma il delinquente sta già
maneggiando il prossimo. Il Vecchio Sciatore Riccionese, alle prime
avvisaglie di distrazione oculare, sa di aver a che fare con una
partenza complicata e si prepara facendo proseguire il gancio di tre
centimetri oltre il sedere, utilizzando la forza delle braccia come
ulteriore ammortizzatore al momento dello strappo. Il Vecchio Sciatore
Riccionese diffida degli addetti che alle ragazze consegnano
distrattamente il gancio mentre, quando arriva lui, si adoperano
dandogli una leggera spinta laddove la schiena diventa morbida e
rotonda. Se lo skylift è formato da due impianti paralleli,
ovviamente, il Vecchio Sciatore Riccionese impara a riconoscere quello
che ha il traino più veloce e compie il percorso di risalita con
un vantaggio di preziosi secondi rispetto all’altro. Attenzione,
però, alcuni impianti pur essendo più veloci dei propri
fratelli paralleli, sono più sensibili agli strappi di partenza
e subiscono più facilmente interruzioni da shock da
principiante. Il Vecchio Sciatore Riccionese ha analizzato con lunghi
studi l’incidenza e la probabilità di detta soste avviando
un dibattito tecnico-scientifico con una relazione intitolata:
affidabilità ed usura della frizione nelle sciovie parallele,
pubblicata sul proprio sito web:
www.vecchiosciatorericcionese.romagna.italia (provate a visitarlo, se
ci riuscite...).
Il Vecchio Sciatore Riccionese ogni tanto si sveglia la notte cercando
di immaginare da quale fantasia diabolica sia scaturita l’idea di
costruire ed installare sui campi di sci gli skylift ad ancora. Avete
presente quello strumento di tortura che costringe due esseri umani due
ad aggrapparsi allo stesso bastone, sospinti da una forza pungente e
distorta che tende ad allontanarli quando vorrebbero avvicinarsi ed ad
avvicinarli quando desiderebbero distanziarsi? Questo tale dovrà
pure avere una madre, un padre, dei parenti. Nessuno gli ha mai
mostrato le immagini di quel signore alto un metro e novanta, alla
seconda settimana bianca della sua vita, vilmente appoggiato in uno
stato di obliquità, con entrambe le mani, al caschetto del pupo
di sei anni che uncinato a lui, gli calpesta lo scarpone soffiandosi
nel suo fazzoletto da naso? Avrà una moglie il maledetto
inventore, non ha mai pensato la derelitta, al momento delle avances
del marito, negargli l’accesso con una bella cintura di
castità a forma di ancora?
Il Vecchio Sciatore Riccionese conosce alla perfezione la maniera di
accorciare al massimo il tempo della fila: prenderla al centro, evitare
curve di assestamento, non fermarsi mai dietro a un dumduri. Il dumduri
si riconosce da diversi particolari non sempre facili da adocchiare ma
le antenne del Vecchio Sciatore Riccionese sono talmente sensibili che
durante lo svolazzo dell’ultima curva l’ha già
individuato nella massa. Le prime avvisaglie della presenza di un
dumduri nella fila sono strani ondeggiamenti laterali improvvisi,
ciò significa che anche gli altri l’hanno individuato e
cercano di conquistare un posto migliore. Uno skypass tenuto fra le
dita, un guanto a penzoloni, uno scarpone slacciato, sono tutti indizi
che portano a prevedere un rallentamento da dumduri.
Quando è in compagnia della Giovane Sciatrice, il Vecchio
Sciatore Riccionese, diventa esso stesso un dumduri. Cosciente di
attirare l’odio di tutti i Vecchi Sciatori Italiani e Stranieri,
la cosa non lo scompone affatto, come ebbe sentito dire da un Vecchio
Sciatore Romano: “nun gliene po’ frega’ de
meno”.
Ogni tanto il Vecchio Sciatore Riccionese sogna. Sogna di essere un
Giovane Snowboardman Abbronzatissimo Californiano con la barbetta
bionda, occhi intensi e chiari, coda di cavallo, orecchino, jeans e
maglietta di cotone a -20, oggetto delle fantasie sessuali
dell’altra metà del cielo. Arriva leggero volando sulla
tavola arcobaleno, frena con stile, osserva la daina con freddezza e
complicità allo stesso tempo. Lei casca come una castagna
sgusciata dal riccio. A dire il vero, il Vecchio Sciatore Riccionese ha
sempre odiato questi ragazzotti tutti ormoni e bistecche di vitello (la
qual bestia, sia detto per inciso, quando era un giovane vitello
olandese, deve aver ingozzato più ormoni lui di una vecchia
attrice in menopausa), ma la Giovane Sciatrice no, lei quando ne vede
uno (ragazzo, non vitello) si trasfigura e dimentica tutto il resto,
che poi sarebbe la futile compagnia del Vecchio Sciatore Riccionese.
Il Vecchio Sciatore Riccionese odia moltissimo. Perché? Cosa
scatena un sentimento così forte in un uomo benvoluto e
apprezzato come il nostro? Normalmente l’odio nasce da un
meccanismo psicologico, si detesta ciò che non si può
paragonare a sé (la volpe e l’uva), al proprio
portafoglio, al proprio modo di pensare. Il Vecchio Sciatore Riccionese
non fa eccezioni, si adegua perfettamente alla normalità degli
uomini pur essendo nato con le tre caratteristiche ben note. Un
destinatario del suo rancore è senza dubbio, come detto,
l’Abbronzatissimo Californiano, non gli perdona
l’incredibile successo che ottiene con la Giovane Sciatrice pur
senza prodursi in alcuno sforzo economico e/o poetico. Ma
l’oggetto principe dell’odio del Vecchio Sciatore
Riccionese è lo sci di fondo. Quando vede i tipici attrezzi
sottili e arricciati in punta, le vene del collo si autocolorano di blu
elettrico con riflessi rosso sangue direttamente inviati ai globi
oculari. L’incarnazione del suo odio si chiama Vecchio Fondista
Corianese, colui il quale, alla partenza delle gite giunge sempre con
un’ora e un quarto di anticipo in modo che all’arrivo del
pullman possa essere invariabilmente il primo a salire e ad occupare il
posto migliore. Ma il sentimento rancoroso si acuisce all’idea di
uno che utilizza i bastoncini per spingere anziché per curvare.
Per questo anche i cinesi gli stanno sui marroni perché coi
bastoncini fanno di tutto. Conseguenza logica: cos’altro odia? I
raccordini pianeggianti nel bosco, uhhh... come li odia! Sembrano fatti
apposta per i fighetti con gli sci nuovi di pacca, rifilati e lucidati
che, mentre il Vecchio Sciatore Riccionese suda arrancando, gli passano
accanto veloci e profumati con il loro cazzosissimo: “op”!
Lui spinge sulle racchette, tutto a forza di braccia, maledicendo il
momento della firma per lo skypass e dell’iscrizione allo Sci
Club, pentito di non essere rimasto coi suoi coetanei a lavare la
macchina fuori dal garage, i guanti gli si attaccano alle mani,
colorandole di fuxia, il berretto aderisce alla fronte, suda
arrancando, arranca sudando, sputa gli ultimi denti sani e... op, passa
lo stronzo con gli sci nuovi. Maledetto!
Quando scende la notte e gli sciatori si ritirano in albergo, inizia il
coro degli alpini. Il Vecchio Sciatore Riccionese non russa mai. A tal
fine paga il supplemento per la camera singola e tiene lontana la
moglie, scomoda testimone, da gite e cene sociali. Se la pensione ha
solo camere doppie, il Vecchio Sciatore Riccionese sceglie
accuratamente il suo compagno: o il sordo (molto gettonato) o il
Vecchio Sciatore Palermitano il quale, all’occorrenza, sa come
tenere la bocca chiusa.
Il Vecchio Sciatore Riccionese, prima di morire si compra un bel paio
di sci stretti stretti con i bastoncini lunghi lunghi e le punte
arricciate e diventa un appassionato sciatore di fondo, così al
momento del trapasso avrà la consolazione di veder morire uno di
loro. Ma questo non è ancora accaduto perché il Vecchio
Sciatore Riccionese non è mai morto. E non morirà mai.
Un grazie ad Angelo Casali per la consulenza riccionese, a Silvano
Fonti per l’ispirazione, al babbo e allo zio Lino per tutto il
resto.
|
|